(Università di Exeter, Sapienza Università di Roma, IIS Marisa Bellisario)
By Danielle Hipkins (Translation and editing by Flavia Franguelli)
Il video della tavola rotonda è disponibile a questo link: https://vimeo.com/688868315
Uno dei principali obiettivi del progetto è ascoltare e stimolare le opinioni delle adolescenti italiane sul ruolo che cinema e televisione italiani hanno, o potrebbero avere, nelle loro vite.
Durante la tavola rotonda organizzata questa settimana insieme a Gustavo Matassa, dirigente scolastico dell’IIS Bellisario di Inzago (MI), una variegata serie di riflessioni sull’industria cinematografica ci ha aiutati a rifinire domande di ricerca e direzioni future per “A Girls’ Eye View”. Le parole di Gustavo Matassa, “per capire la nostra società e il nostro futuro dobbiamo partire dalle scuole”, dimostrano l’entusiasmo che Dirigente Scolastico e corpo docenti, tra cui ci sentiamo di menzionare Antonella Fanizza, hanno espresso nei confronti del progetto. Insegnanti e studenti ci hanno calorosamente accolti a scuola, ambiente complesso soprattutto nel periodo della pandemia. Senza il loro supporto, che ci ha sinceramente commossi, il nostro progetto sarebbe impossibile.
Oltre a interessare i colleghi che non sono riusciti a seguire la diretta (disponibile al link https://fb.watch/9qxE7-sA-S/), un riassunto dei punti chiave dell’evento ci aiuta a sottolineare il suo prezioso contributo al proseguo del progetto. La tavola rotonda tenutasi all’auditorium Don Bosco è stata la conclusione di un lavoro iniziato due giorni prima a scuola, dove insieme a 23 studentesse abbiamo visto e discusso in focus group alcuni prodotti cinematografici e televisivi italiani (quanto emerso da queste attività sarà analizzato in pubblicazioni successive, qui troveremo solo alcuni riferimenti). Le partecipanti hanno poi assistito al convegno e le loro osservazioni, insieme a quelle di compagne e compagni, possono essere considerate il contributo più prezioso dell’evento. Per questo, se lì non abbiamo voluto metterle troppo in difficoltà, in futuro sarà essenziale coinvolgerle maggiormente.
Inserendo il progetto in un contesto storico più ampio, lo sceneggiatore e regista Daniele Laurente Di Biasio, ex allievo di Giuseppe De Santis, ha sottolineato come gli studi sul neorealismo tendano spesso a dimenticare le storie al femminile che il cinema italiano ha narrato negli anni. Affascinante è l’esempio di “Roma ore 11” (De Santis, 1952), in cui i racconti di varie donne si articolano attorno al disastroso crollo di una scala avvenuto nel 1951. Con la sua natura episodica, nota Di Biasio, il film sembra anticipare la struttura delle serie tv; riscuote inoltre grande successo tra il pubblico femminile, che il cinema dei primi anni Cinquanta cercava ancora di coinvolgere (come ricorda il collega Emiliano Morreale nel libro “Così piangevano. Il cinema melò nell’Italia degli anni cinquanta”). Il film, e le indagini di Elio Petri che ne stanno alla base, sono un chiaro esempio della cultura visuale che ha per prima ispirato il nostro studio: quella caratterizzata dallo sguardo maschile sul corpo femminile. Seppur sensibile al tema, infatti, il film di De Santis è inevitabilmente costruito sulla quella gerarchia erotica per cui l’uomo guarda e la donna viene guardata. E la splendida idea di Daniele, incaricare un gruppo di studentesse della sua scuola, la E. Falck (IFP E. Falck), di documentare l’evento è uno dei modi per rovesciare questa gerarchia.
Il gioco di sguardi è talmente sbilanciato che anche un’altra insegnante della scuola, Anna Piccirillo, l’ha menzionato durante il suo intervento. Secondo la docente, i ruoli assegnati a ragazze e donne nel cinema italiano degli ultimi anni sono strettamente connessi alle brutali condizioni in cui la società italiana (e non solo) si trova in termini di violenza contro le donne. Inoltre, seppur in miglioramento, i personaggi femminili nel cinema italiano contemporaneo ricoprono ancora ruoli stereotipati: la madre, come in “Piuma” (Johnson, 2016) e “Posti in piedi in paradiso” (Verdone, 2012), la vittima, come in “La pazza gioia” (Virzì, 2016) e “Giulia non esce la sera” (Piccioni, 2009), o la “rovina-famiglie” come in “La bestia nel cuore” (Comencini, 2005). Anna ci fa brillantemente notare che l’espressione “carne di testo”, utilizzata da Elio Germano per descriversi, viene costantemente ribaltata nel caso delle attrici, che diventano invece “testi di carne”. Tuttavia, nuove voci di donne e ragazze stanno emergendo sotto varie forme. L’elettrizzante ibrido “Freaks Out” (Mainetti, 2021), con una formidabile Aurora Giovinazzo, nuova giovane promessa, ha riscosso enorme successo; ci sono poi i film diretti da donne, come “Figlia mia” (2018) di Laura Bispuri o quelli ispirati a opere di scrittrici, come “The Lost Daughter” (Gyllenhaal, 2021) tratto dal romanzo “La figlia oscura” di Elena Ferrante.
Gli ultimi due esempi dimostrano che il cinema italiano tende a sorvolare sulle relazioni che si instaurano tra donne al di fuori della scena. Eppure, l’importanza che i legami femminili hanno per le giovani spettatrici di oggi è evidente: durante i nostri focus group, le serie tv americane “Ginny e Georgia” (Lampert, 2021-) e “Jane the Virgin” (Snyder Urman, 2014-2019), ideate da donne, sono state grande oggetto di dibattito perché portano in scena legami intergenerazionali ed offrono rappresentazioni dell’esperienza femminile di adulte e ragazze. D’altronde, il potenziale creativo del dialogo intergenerazionale è stato incarnato, all’evento, dalla presenza di Fiaba Di Martino, figlia di Anna Piccirillo e critica cinematografica, il cui intervento verrà presentato a breve.
La parola è poi passata a Emilia Bandel di Cinemaundici. Mentre i giovani diventano il nuovo pubblico “target” (termine alquanto violento, ricorda Emilia), anche una casa di produzione in origine dedicata al cinema d’autore, quale Cinemaundici, sta gradualmente creando contenuti a loro rivolti. Come membro dell’organizzazione “Women in Film, Television and Media”, il cui obiettivo è promuovere il ruolo delle donne nei media, Emilia Bandel ha invece sottolineato l’importanza di una legge che premi, con contributi pubblici, i prodotti audiovisivi diretti da donne. Fondamentali sono inoltre i ruoli decisionali che le donne iniziano a ricoprire nel mondo del cinema, come dimostra l’esperienza di Tinny Andreatta: dopo aver lavorato per Raifiction è diventata vicepresidente della serialità italiana Netflix determinando probabilmente l’estremo interesse della piattaforma per le produzioni dirette da donne e a loro indirizzate. A questo proposito, ricordiamo la personale esperienza di Emilia con il film “Sulla stessa onda” (Camaiti, 2021), accolto prima da Cinemaundici e proposto poi a Netflix. L’idea di Camaiti colpì la casa di produzione perché concilia il sottogenere del sick romance, e il motivo della ragazza tormentata presente anche nelle vittime di “Roma ore 11”, con ambienti freschi e familiari che fanno da sfondo alla storia d’amore dei giovani protagonisti. Come hanno affermato molte ragazze durante le interviste, questo genere di film ambientato in Italia è gradito al pubblico.
Varinia Nozzoli, Insight and Consumer Culture Senior Director di Discovery Media, ci ha innanzitutto ricordato che i programmi scolastici italiani non prevedono lo studio dei media: una precisazione fondamentale, perché in un mondo che si costruisce attorno ai media questa lacuna deve essere urgentemente colmata. Nozzoli ha proseguito elencando le episodiche occasioni in cui i giovani italiani guardano ancora la televisione: must nazionali, come gli Europei o Sanremo, grandi titoli, come Harry Potter, fiction, come L’allieva (2018-2020) o reality, come Il collegio (2017-) e Amici (2001-). Gli ultimi due, in particolare, sono indice di quanto i giovani telespettatori siano interessati a vedere in tv rappresentazioni dei loro coetanei. A dimostrazione di ciò, Nozzoli ha citato “Come te nessuno mai” (1999), primo film di successo tra il pubblico teen la cui sceneggiatura porta il nome di Silvio Muccino e Adele Tulli che, diciassettenni, contribuirono con le loro esperienze alla credibilità del film. I prodotti così pensati mettono in scena linguaggio, esperienze e valori giovanili autentici, elementi che Discovery ha tentato di inserire in contenuti come “Wild Teens” e il promettente “Ti spedisco in convento”. Dato che “l’autenticità è una chiave fondamentale per le giovani generazioni”, ricercatori e produttori devono “mettersi in ascolto” sforzandosi di comprenderne meglio i valori. A proposito della questione di genere, Nozzoli ha condiviso i risultati di una ricerca, condotta dalla sua azienda, circa il tipo di eroine che le ragazze italiane prendono a modello: Maria Montessori, Margherita Hack, Pippi Calzelunghe, Frida Kahlo, Bebe Vio.
Tutti esempi di intelligenza, creatività e forza che ben spiegano il commento iniziale della sceneggiatrice Fabrizia Midulla: “È un bellissimo momento per essere donne!”. Collegandosi alle parole di Anna Piccirillo riguardo il femminicidio, Fabrizia racconta la sua esperienza con il Dipartimento per le pari opportunità, per cui ha scritto “Cose da uomini”, una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Come si evince dal titolo, il femminicidio non è un problema delle donne, ma degli uomini, i quali devono consapevolizzarsi ed agire di conseguenza. Per quanto riguarda la condizione femminile, invece, secondo Midulla sono in atto positivi progressi che dovrebbero essere motivo di gioia per donne e ragazze. Alcuni contenuti audiovisivi italiani (Midulla cita i prodotti Rai, società per cui scrive maggiormente) sono emblematici di tali cambiamenti: nella protagonista de “L’allieva”, fiction di prima serata che riunisce madri e figlie davanti alla tv, le ragazze vedono la sé futura in cerca di affermazione professionale e, con un po’ di fortuna, di un’anima gemella. Inoltre, con l’esempio di “Mina Settembre” (Aristarco, 2021-) Fabrizia evidenzia che ad oggi le protagoniste possono “scegliere di non scegliere”, mettendo al primo posto sé stesse e liberandosi dal triangolo amoroso che le ha sempre viste combattute tra due uomini.
Fabrizia ha tenuto a sottolineare che nonostante gli ostacoli, primo fra tutti il duro regolamento italiano sul product placement che toglie verosimiglianza alle ambientazioni, gli sceneggiatori Rai cercano sempre di documentarsi sulla reale esperienza quotidiana dei giovani. Tra gli aneddoti più recenti, cita un caso di disforia di genere presso un liceo di Napoli, la cui preside ha rifiutato la richiesta, da parte di una ragazza, di usare il bagno dei ragazzi, causando così il sit-in degli studenti e il conseguente ottenimento di un bagno di genere neutro. Considerando il grande interesse provocato dalla questione, Fabrizia e gli altri sceneggiatori avevano pensato di inserirla in un episodio di “Mina Settembre”. Dopo aver raccolto le testimonianze di alcuni ragazzi, che hanno fatto luce su quanto in determinati temi i giovani siano più informati degli adulti, gli sceneggiatori hanno rappresentato un momento successivo alla scoperta dell’identità di genere, ossia l’innamoramento e il conseguente “raccontarsi all’altro”: ecco quindi che il protagonista transgender affronta le difficoltà che conseguono dal narrare la propria esperienza. Il cambiamento della sceneggiatura non sarebbe mai avvenuto senza i feedback dei ragazzi, i cui interessi e stimoli, concordano le relatrici, sono una fondamentale priorità.
Fiaba Di Martino si occupa di critica cinematografica online. Il suo intervento, l’ultimo della tavola rotonda, ha evidenziato che nel campo della critica non ci sono abbastanza giovani, ragione per cui la sua partecipazione all’evento ha acquisito ancora più rilevanza. Secondo Fiaba, la critica italiana assume un “atteggiamento liquidatorio” nei confronti dei prodotti adolescenziali, sottovalutandoli ed evidenziandone i difetti. Questa osservazione è in linea con un aspetto caro a una dei membri del nostro comitato consultivo, Catherine O’Rawe, che ha più volte spostato l’attenzione sul valore dei teen movie. Le parole di Fiaba sottolineano ancora il bisogno di integrare, nella creazione dei prodotti, prospettive giovanili autentiche: è per questo che, secondo la critica, “un daytime di Amici vale tutta Summertime”, serie tv prodotta da Netflix (2020-) che ha suscitato pareri discordanti anche tra le ragazze intervistate. Finora, invece, la ricerca sembra confermare l’opinione di Fiaba per cui “Skam Italia” (Bessegato, 2018-) è il prodotto italiano più autenticamente rappresentativo degli adolescenti. Non a caso, infatti, il suo processo di creazione si è basato su un costante dialogo tra il regista e i giovani attori. Riguardo ciò, Fabrizia Midulla ha evidenziato che il successo di “Skam Italia” è stato in parte dovuto al fatto che le nuove piattaforme, diversamente dai canali nazionali che necessitano un pubblico più ampio, possono permettersi di creare prodotti di nicchia.
Speriamo di aver reso piena giustizia a questa ricca serie di interventi che, nonostante abbia ripetutamente posto l’accento sulla necessità di ascolto dei giovani, ha purtroppo lasciato poco tempo alle osservazioni delle ragazze e dei ragazzi presenti in sala. I due giorni trascorsi con poche di loro, infatti, non sono stati abbastanza, e questa sarebbe stata l’occasione per ascoltare anche la voce di qualche ragazzo. Tuttavia, il fatto che molte studentesse abbiano preso parola nonostante le stessimo guardando dall’alto di un palco, posizione probabilmente intimidatoria, dà la misura di quanto i giovani abbiano da dire. Varinia Nozzoli ha chiesto alle presenti quali fossero le loro sensazioni circa gli invasivi modelli di forza e femminismo che gli adulti spesso propinano alle ragazze. Una di loro, in particolare, ha sottolineato che gli adulti tendono a spronare i giovani senza però mettersi mai nei loro panni. Una studentessa musulmana ha invece raccontato l’esperienza di trovarsi tra due mondi, affermando che gradirebbe vederla rappresentata in tv: questo aspetto non ci ha sorpresi perché, nei due giorni precedenti, la protagonista Sana di “Skam Italia” (interpretata da Beatrice Bruschi) si è confermata come uno dei personaggi femminili preferiti, in particolare tra le ragazze di provenienze culturali diverse. L’evento ha infine stimolato alcune domande circa le direzioni future del progetto: secondo una delle studentesse, ad esempio, sarebbe interessante includere nella ricerca non solo serie tv, ma anche reality come “Ex on the beach Italia” (2018-2020) o “Il collegio”, programmi che mostrano spesso una forte intersezione con il culto dell’immagine sui social media. D’altronde, considerazioni come questa sono la ragione per cui siamo venuti a Milano e per cui, di base, abbiamo lanciato “A Girls’ Eye View”.